giovedì 17 marzo 2011

Il DualDisc

La necessità di superare la crisi del CD proponendo al mercato della musica qualche nuovo prodotto ha stimolato la creatività delle case discografiche. Dopo l'avvio stentato del Super Audio CD, o SACD, il consorzio alternativo che proponeva il DVD Audio, a metà degli anni 2000 ha proposto una variante, il  DualDisc, che ha suscitato un certo interesse in USA e UK, mai proposto in Italia, e poi sostanzialmente abbandonato anch'esso dopo pochi anni.

Proseguendo nelle nostre analisi sulla musica digitale, diamo qualche informazione anche su questo formato, per il quale si trova qualcosa nel mercato dell'usato o tra le scorte di magazzino, in particolare su Amazon (USA e UK). 

Il DualDisc non è altro che un disco doppia faccia, da un lato CD e dall'altro DVD (o DVD Audio). Per un approfondimento tecnico si può leggere qui su Musica & Memoria. Nato per fornire musica ad alta definizione ma garantendo anche la compatibilità con i lettori CD, come il SACD (possibilità preclusa invece al DVD Audio), a giudicare dal catalogo disponibile gli extra (rispetto al CD) sono diventati presto soltanto quelli video. In altre parole, la seconda facciata diventava un normale DVD, o almeno i contenuti video erano quelli enfatizzati maggiormente.

Vediamo i due esempi del nostro test, due album peraltro pregevoli, le Seeger Sessions di Bruce Springsteen e Get Lifted di John Legend, il nuovo campione del nu-Soul. Comprati entrambi su Amazon.Co.Uk come usato "very good" (vero, come nuovi) rispettivamente a 9 € e incredibili 0,60 € + spedizione (2,60 €, costa meno dal Regno Unito che Italia su Italia).

John Legend - Get Lifted (2004)
Sul lato CD l'album standard già noto. Sul lato DVD alcuni video con le esecuzioni dal vivo di alcuni brani, interviste, dietro le scene e videoclip. Per la parte musicale la stessa scaletta dell'album in formato multicanale 5.1 Surround Sound. Non è indicato se il formato è DTS o Dolby Digital, ma mediante una funzione del lettore su PC (Corel DVD) si scopre che è Dolby Digital compresso AC3 (448 Kbps). E' presente inoltre anche l'album in formato "PCM Stereo", quindi non compresso, anche in questo caso non è dichiarato il formato di campionamento, ma si può scoprire, sempre con Corel DVD, che è Linear PCM 1536 Kbps, quindi, in base alle tabelle DVD, si tratta di un 16 bit / 48 KHz (come il DAT), qualità quindi leggermente superiore a quella del CD. Dal punto di vista audio qualcosa di più c'è, anche se interessa solo a chi ha un impianto multicanale audio (o comunque con resa sonora adeguata). Niente alta definizione vera e propria, e neanche l'audio lossless sul multicanale.


La confezione è una specie di jewel box per CD modificato, con un lato arrotondato. Penso che fosse la nuova confezione studiata per lanciare il nuovo formato e caratterizzarlo. Più comoda di quella del DVD Audio (più grande, non ci sta nei porta CD normali) è compatibile con i vari sistemi di archiviazione. All'interno un ricco libretto con i testi. Una confezione attraente.
Da notare infine che, pur se il DualDisc non è mai stato sostanzialmente diffuso in Italia (tranne, se non ricordo male, in alcune promozioni legate a radio commerciali) il disco è predisposto anche per il mercato italiano, con menu e sottotitoli in lingua.


Bruce Springsteen - The Seeger Sessions (2006)
Su un lato, ovviamente, c'è il CD, uguale a quello standard. Sull'altro lato, quello DVD, un interessante documentario sulle "sessions" dedicate al grande Pete Seeger, che, come si sa, Springsteen ha organizzato proprio nella sua casa di campagna del New Jersey con grande attenzione alla spontaneità e al recupero dei suoni più diretti e naturali, con un gruppo di musicisti del circuito folk americano. Non contiene le solite interviste, ma proprio alcune esecuzioni dal vivo quasi per intero.


Dal punto di vista musicale sono riproposte le tracce del disco del lato CD in formato "PCM Stereo", anche in questo caso senza alcuna indicazione della risoluzione effettiva. Che però, contrariamente a quello che ci si potrebbe attendere (vista l'assenza di ogni enfatizzazione) è in alta definizione (anche se non spinta). Da Corel DVD risulta infatti un PCM lineare a 2304 Kbps, che corrisponde a 24 bit / 48 KHz.
Altro plus è rappresentato da due bonus track, peraltro interessanti.
Nel menu sono disponibili i sottotitoli, ma si scopre che si applicano solo al documentario video, e non alle canzoni.


La confezione in questo caso è un digipack cartonato molto elegante. Il lato DVD è protetto contro le copie e una scritta avverte che non si tratta di un CD standard e può avere problemi di lettura con alcuni lettori.

Non è esattamente un CD
Altro punto da testare è la compatibilità con i lettori CD. Trattandosi di un disco doppia faccia non è esattamente identico dal punto di vista fisico ad un CD standard, e questo, dicevano diverse prove (e i warning) può provocare problemi con alcuni lettori, in particolare quelli "a fessura". Coraggiosamente ho quindi provato ad ascoltare i dischi sulla mia auto (una Mini recente, del 2010, con il lettore di serie) e sul mio Mac Mini, e in entrambi i casi non si è verificato alcun problema. Nel Mac Mini anzi, trattandosi di DVD universale in entrambi i casi, è stata possibile la lettura anche della facciata DVD, a differenza che se si fosse trattato di un DVD Audio (il lettore standard del Mac non lo gestisce).

In sintesi
Alla fine, trattandosi di prodotti che avevano all'incirca lo stesso costo del CD, i DualDisc potevano anche avere un certo interesse e rappresentare uno stimolo all'acquisto. Sicuramente offrivano molto di più di un digital download. Rimane la leggera assurdità del disco a doppia faccia. Si può ottenere lo stesso risultato (probabilmente anche a costo inferiore) mettendo nella confezione un CD più un DVD, come hanno fatto in molti. Sta di fatto che l'effetto novità non c'è stato, oppure la promozione è stata insufficiente, e il risultato è che anche in questo caso il CD ha continuato indisturbato a rimanere il supporto di riferimento.
Infine da notare l'assoluto disinteresse delle case discografiche (la Sony BMG in questo caso, per entrambi gli album) per l'alta definizione audio e per le aspettative dei cosiddetti audiofili, arrivando persino a inserire l'alta definizione (o quasi) senza comunicarlo.




domenica 13 marzo 2011

Il formato album

E' in crisi. I ragazzi scaricano solo le singole canzoni. Nessuno ascolta più un album per intero. Quando lo fa mette il comando per la riproduzione casuale o salta i brani meno conosciuti con lo skip. Ignorando l'ordine pensato dal musicista. E, tutto questo pare sia una cosa negativa. Come se il formato album fosse una cosa naturale, il modo giusto, corretto culturalmente, per ascoltare la musica.

La dimensione della musica

Tutte le forme d'arte hanno una dimensione, che cambia con le epoche e il contesto sociale.
E che non sono correlate in alcun modo con il valore artistico. Che si può trovare al massimo livello in un quadro di piccole dimensioni come il Ritratto di gentiluomo o come La Gioconda, o in un'opera che occupa una intera parete, come la Marcia del IV stato o un quadro di Pollock, e la dimensione ha relazione solo sulla fruizione. Per dare una emozione i primi due esempi devono essere osservati da vicino,  mentre gli altri, anche da lontano in una grande sala mediamente affollata, mantengono la loro forza.

Nella musica la dimensione principale è la durata. E la cosa particolare è che questa è cambiata negli anni, in base all'uso della musica ma anche della tecnologia per diffonderla.
La musica come evento (il concerto) ha una durata codificata, regolamentata dal contesto sociale. Nell'800, quando chi andava ai concerti aveva molto tempo libero (il mondo del XIX secolo era diviso tra persone che lavoravano e persone che vivevano di rendita). Così un concerto poteva durare 3 ore e le opere liriche erano in 4 o 5 atti.
Nel 900 la forma d'arte di massa che ha preso in qualche modo il posto della lirica (il cinema) è arrivata ad una durata codificata inferiore, anche se comunque quasi standard, di 90'-100', più in linea con il minor tempo libero delle persone che lavorano, che nel secolo successivo, dopo il grande sconvolgimento della I guerra mondiale, sono diventate la norma. Era però anche in parte un limite tecnico, legato alle dimensioni delle "pizze" di pellicola.

Nel 900 è arrivata anche la riproducibilità tecnica della musica, che ha introdotto ulteriori vincoli e quindi nuovi formati e nuove durate.
La radio non aveva e non ha vincoli tecnici di durata, ma i supporti sì.

Dal 78 giri al Long Playing

Il primo supporto (relativamente di massa, il 78 giri, poteva contenere 3-4' di musica per lato. Era l'ideale per la romanza, l'aria d'opera, la forma allora (inizio 900) più richiesta, poi sostituita dalla canzone, che ne è una logica evoluzione. Per un'opera o una sinfonia servivano molti dischi, e l'ascolto doveva essere continuamente interrotta.
Nel secondo dopoguerra la nuova tecnologia che ha rivoluzionato il mondo della musica iindirizzava proprio il limite di durata. Il nome commerciale che è stato dato al microsolco, all'attuale disco in vinile, è stato infatti "long playing", lunga durata, LP. Era anche di molto incrementata la qualità e la robustezza, ma su questo punto hanno centrato il lancio. E difatti con l'LP era ora possibile ascoltare senza interruzioni un concerto di Mozart (ca. 20') e con una sola interruzione per voltare il disco, ma posizionata in uno dei tempi previsti dal compositore, per voltare un disco. La tecnologia negli anni '60 ha poi realizzato anche i cambiadischi, con più dischi impilati (che cadevano uno sull'altro con un meccanismo, è intuibile che sia una tecnologia dimenticata), in questo modo anche un'opera, registrata su 4 o 6 facciate, poteva essere ascoltate con una o due interruzioni (in questo caso anche gradite, penso) con l'accorgimento, che le case discografiche spesso seguivano, di stampare le facciate alternate (1 e 3 parte sullo stesso disco e così via).

E la canzone?
Qui il microsolco non forniva nulla di nuovo per la durata, solo per la dimensione fisica. Un paio di canzoni, una per lato, potevano essere infatti essere registrate su un disco più compatto, da 7", il 45 giri, chiamato anche, significativamente, "singolo".
L'LP poteva venire utile per registrare una raccolta di canzoni, a tema, oppure più di frequente con una raccolta di successi di un cantante, già usciti su singolo, magari integrati da qualche brano registrato apposta, magari una cover.
Erano organizzati così, ad esempio, i primi dischi dei Beatles, o di Elvis Presley e un po' tutti gli altri.
Un formato più comodo per gli appassionati, rispetto ai cambiadischi stile juke-box spesso presenti negli impianti casalinghi. Ma forzatamente indirizzati ad una platea molto meno vasta di clienti. Anche perché costava molto di più. Anche di più del vituperato CD.
Era, appunto, un album di canzoni, organizzate magari in ordine cronologico, un po' come gli album di foto di casa.



Una nuova forma d'arte   
Si discute chi sia stato il primo, ma negli anni '60 a parecchi musicisti "pop" è venuta la stessa idea. Utilizzare il molto spazio disponibile nell'LP per inserire qualcosa di più del solito album di successi. 
Sull'esempio della musica classica, per la quale nutrivano sempre meno rispetto reverenziale. Può darsi siano stati i Rolling Stones, con la versione di 10' del blues Goin' Home nel loro album Aftermath )1965), o i Beatles con Sgt. Pepper, un concept album, sempre canzoni ma con un filo conduttore, e ripetizione degli stessi temi di base come, appunto, nella classica. O ancora prima i Moody Blues con Days Of Future Passed (1967), altro prototipo del concept album. O gli Iron Butterfy con In A Gadda Da Vida (1968) e le sue suite che duravano, senza interruzioni, per una intera facciata.
Sta di fatto che nel giro di pochi anni, anzi di pochi mesi, nessun gruppo musicale e presto nessun interprete o quasi si è sottratto all'obbligo di individure un filo conduttore per il suo nuovo album, ripreso iconograficamente nella copertina, e spesso componendo brani proprio per quella idea di fondo.



Il progressive
Fino ad arrivare all'assalto al cielo del progressive rock. Più nessun timore reverenziale rispetto alla classica. Esplicitamente citata e reiventata in Atom Heart Mother dei Pink Floyd o in Valentyne Suite dei Colosseum, e poi in moltissimi altri (dietro agli apripista Procol Harum). O ripresa come forma, nelle suite solo strumentali, nell'uso di testi complessi, nelle invenzioni musicali.

L'ascolto
Album di questo tipo non si potevano ascoltare in ordine casuale o con il dito pronto sullo skip del telecomando (che comunque non esisteva). I ragazzi dell'epoca sul loro impianto di varia qualità (spesso purtroppo assai povera, perché quella musica ne avrebbe pretesa tanta) nelle loro cameretta chiudevano ogni altra attività e per 40' o più si dedicavano all'ascolto di Pawn Hearts o Lizard o Ummagumma o Darwin. Con la stessa concentrazione che i loro genitori (o "fratelli separati" casualmente colpiti da questo virus) mettevano nell'ascoltare la classica.
E lo stesso rispetto delle scelte del musicista era applicato anche per ciò che progressive non era. L'ordine scelto per le canzoni dai Rolling Stones o da Bob Dylan non era certo casuale, e andava rispettato per cogliere al meglio il valore della musica.

L'era del CD
Il CD consentiva una gestione ancora più semplice della durata. Con la capacità di 70' consentiva di ascoltare senza interruzioni anche sinfonie molto lunghe come la Nona di Beethoven. Anzi, secondo una leggenda metropolitana, ma forse è la realtà, il campionamento a 44,1 KHz, anzichè al più logico (e performante) 48 KHz sarebbe stato richiesto dal famoso direttore d'orchestra Herbert Von Karajan alla Philips proprio per poter contenere per intero in un CD, con la capacità standard della prima versione, questa sinfonia, la più nota e suo personale cavallo di battaglia.
A parte la classica però il nuovo strumento arrivava negli anni '80, quando il progressive era stato spazzato via dal punk, e il punk dal nuovo stile raffinato dei vari Matt Bianco, Sade e così via.
Nessuno di questi stili aveva bisogno della durata del CD per ospitare suite o ambiziose composizioni. Anzi, proprio il recupero della semplicità grezza degli inizi (nel punk) o della raffinatezza ed eleganza degli anni '40 e '50 erano gli elementi principali dei nuovi generi. Concerti e videoclip erano i canali di affermazione più efficaci.



I Dire Straits
Così il formato CD è decollato nelle vendite con un gruppo che non era nè punk, né new jazz, né progressive, ma di rock blues tradizionale, anche se eseguito al meglio e composto con grande ispirazione, mentenuta per l'intero spazio di un album.
Album che si sono succeduti dal primo omonimo del 1978 fino a Brothers In Arms (1985), garantendo agli ascoltatori una certa uniformità nella qualità e fruibilità dei brani, dal "picco", il brano trainante, il cosiddetto "killer" da promuovere per radio, quello che prendeva il posto del "singolo" nell'era precedente, ai brani lenti ed intensi, a quelli con qualche spunto di originalità, ma mai sperimentali e spiazzanti.


Questo tipo di album lo possiamo considerare il modello dell'era CD, non diverso dai classici album di rock, con un unica differenza: la spinta psicologica a riempire i 70 minuti disponibili. Con quello che costava un CD negli anni '80 vendere "solo" 40-45' di musica, la durata massima di un LP, sprecando quasi mezz'ora di prezioso spazio sul dischetto, sembrava una offesa all'ascolatore - consumatore. Non c'erano ancora i masterizzatori per PC e si poteva credere che effettivamente quel tecnologico dischetto avesse un costo e un valore di per se'.
Così sono nati i brani "filler", quelli composti ed inseriti per arrivare alla durata che gli acquirenti si aspettavano. E ha incominciato ad avere senso per molti ascoltatori quel nuovo comando "skip" sul frontale del lettore o del telecomando, o leggere le istruzioni per capire come si poteva programmare l'ascolto per saltare i brani filler. Che, beninteso, potevano essere diversi da ascoltatore ad ascoltatore. Per esempio, in un album sicuramente fondamentale come Out Of Time dei R.E.M. (19xx, piena era CD, xx minuti) quanti avranno saltato la iniziale e urticante Radio Song, che magari Stipe e compagni avevano messo lì proprio per compensare la dolcezza e immediatezza del resto dei brani?

Si ritorna al singolo
Da una parte il ritorno all'album come raccolta di canzoni e l'abbandono di ogni velleità di creare nuove forme musicali e nuove composizioni ispirate ai tempi della musica classica, dall'altro l'affermazione di Napster, dell'mp3, dell'iPod e in generale della musica diffusa tramite la rete, hanno rimesso al centro "il singolo", il brano musicale con corredo di parole che esaurisce da solo, in molti casi, il desiderio di conoscenza di quel musicista. Salvo che piaccia veramente tanto da esplorare più estesamente il suo mondo cercando un suo album. Come negli anni '60, con l'unica differenza che l'album deve comunque esserci ora, per riaffermare la serietà, potremmo quasi dire la effettiva esistenza come musicista effettiva, del suddetto titolare del singolo. Indipendentemente dal fatto che qualcuno questo album lo compri.

Cosa abbiamo perso?
I nostalgici di mezza età dei meravigliosi anni '70 non hanno dubbi sul fatto che i ragazzi di oggi in questo modo, con le loro playlist eterogenee, non riescono ad approfondire un mondo musicale. Ma può darsi che non sia una scelta: nessuno appare più in grado, o nessuno ha la voglia, di buttarsi in quelle imprese (spesso velleitarie) mentre legioni di mucisti si applicano a comporre in infiniti i vari stili, come chef (a volte creativi, altri meno) della musica.
E magari comporre una playlist richiede una certa dose attiva di creatività, qualche volta può essere preferibile ad un passivo e rispettoso ascolto di qualcosa che "deve" piacere. E, infine, per un giovane c'è sempre tutto quel mondo di album concept da scoprire. In fondo sono solo di 35-40 anni fa, e gli stili musicali non sono molto cambiati (e ciclicamente tornano sempre), nella musica classica si ascoltano e si riscoprono iterativamente le composizioni di 150 anni fa e oltre, si potrà fare anche qui.

Album o singolo
In sintesi, è giusto arrendersi al nuovo dominio del singolo. Per noi che abbiamo cominciato, a quanto vedo e per mia esperienza, non ci sono alternative. Dall'album non si può tornare indietro, fatalmente dobbiamo approfondire il valore di quel musicista che ci ha incuriosito esplorando più estesamente il suo mondo. Anche a costo di delusioni e perdite di tempo. Anche per i ragazzi non ci sono dubbi, e nessuno potrà convincerli del contrario puntando ad un presunto "ascolto corretto", o rispetto per l'opera dell'artista, o cercando di sottolineare quello che perdono. Perché in fondo il loro approccio è più razionale, se è la curiosità che li guida: si può scoprire molta più musica. E sarà casomai uno stimolo per i musicisti di creare nuovamente album dove tutte le parti sono essenziali.


domenica 6 marzo 2011

Musica gratuita con Deezer.com


Aggiornamento 2014: nel tempo intercorso dal 2011, quando è stato scritto questo post, il servizio Deezer ha avuto due importanti evoluzioni che rendono il post stesso  in gran parte obsoleto. Dopo una restrizione per un periodo alla sola Francia più pochi altri paesi Deezer è diventato un servizio in streaming in abbonamento simile a Spotify, ma commercializzato in diversi paesi assieme ai contratti di telefonia mobile, ad iniziare dalla Francia con Orange, simile all'attuale TIMmusic (ex Cubomusica) in Italia. Costituisce quindi attulmente in Italia una alternativa a Spotify con costi e funzionalità simili. Per un quadro aggiornato della situazione consigliamo di leggere gli articoli più recenti sulla musica in rete (vedi la pagina di indice).

Continuando ad indagare in quello che si muove nel mondo della musica digitale parliamo di un altro sistema, completamente legale, di diffusione di musica in streaming: il portale francese Deezer.  Esiste da tempo ma si è consolidato recentemente con un proprio modello di business, che prevede semplicemente di finanziarsi con la raccolta pubblicitaria, e di pagare in questo modo le royaltes alle case discografiche che mettono a disposizione del portale una parte della loro produzione.
Più o meno come le radio commerciali, con la significativa differenza che la musica è on-demand, e non scelta dall'emittente.


L'unica cosa da fare per accedere al servizio è registrarsi, con il solito sistema della conferma via e-mail, non è necessario pagare nulla né aderire a newsletter o servizi vari, e non sono chiesti neanche troppi dati.

Il catalogo
Il catalogo è ampio, sono dichiarati oltre 3 milioni e mezzo di brani; non siamo a livello di Music Unlimited / Qriocity (6 milioni) ma dovrebbe essere comunque interessante. Il fatto però è che non è completo, nel senso che è presente in maggioranza, in base a veloci test, materiale indipendente o novità, ma anche in questo caso non tutto. Mentre non è presente il materiale degli artisti più noti, sia commerciali sia impegnati nella cosiddetta musica d'autore. Quindi non troverete nè Bruce Springsteen, nè Ani Di Franco, nè Amy Winehouse, né Ben Harper, ma neanche Rihanna. Però ci sono Sigur Ros, Adele, Joan As Police Woman, Anna Calvi, Belle & Sebastian. E molto jazz: Miles Davis, Bill Evas, Billy Eckstine, ma non Keith Jarett o Jan Garbarek. Insomma, trovare quel che ci interessa sentire, come si può fare sul già citato più volte Music Unlimited, è (al momento?) questione di fortuna.
L'uso più appropriato del comunque ingente data base di canzoni e album sembra più quello della "scoperta", in altre parole, ascoltare quello che viene proposto ed evidenziato.


La qualità audio
La qualità audio non è a livello di Qriocity / Music Unlimited, non è dichiarata ma ad orecchio sembra la tipica 90Kbps usata anche da altri servizi gratuiti analoghi (che però, salvo il caso di DG, che richiede però un piccolo pagamento, fanno sentire solo l'inizio dei brani). Sufficiente per la musica più semplice, un po' poco per la classica. Questa però è la situazione attuale in base ai test (ovviamente a campione) fatti. Può anche darsi che in futuro utilizzino una compressione minore, considerando che non è dichiarata. La codifica a quanto si capisce è MP3.

Inserimento in altri siti
Il fatto che il servizio sia del tutto gratuito consente interessanti opportunità, ad esempio inserire dei link al portare il siti musicali, quando si cita un album, un brano o un artista, dando così la possibilità di ascoltare "al volo" ciò di cui si parla. E' una funzionalità prevista da Deezer, sono già previsti allo scopo appositi plugin che si possono scaricare dalla pagina per gli sviluppatori (developer).
In questo modo, evidentemente, aumentano le visite al portale, che sono il principale capitale che hanno. L'abbiamo ovviamente sperimentato subito per il sito Musica & Memoria ed ecco qua gli esempi della discografia "pronta all'uso" per Belle & Sebastian, Miles Davis, Pete Seeger.

Come fanno a guadagnarci?
Il modello di business, al di là del dichiarato, non è troppo chiaro, soprattutto perché, come si vede dalle immagini, le videate sono molto pulite, e non presentano il solito ammasso di inserzioni pubblicitarie degli altri portali che offrono risorse gratuite.
Ci si chiede come possano reggere economicamente, e la domanda interessa per avere una idea se si tratta di una delle solite iniziative in quest'area che partono con grandi ambizioni ma poi si spengono o si riducono a vivacchiare, come è avvenuto per Mercora Radio.
Il costo della struttura non dovrebbe essere peraltro tanto ridotto, visto che nella pagina "chi siamo" viene mostrato il "dream team" di Deezer, e saranno almeno una quarantina di persone.

Intanto c'è anche un servizio "premium" a pagamento. In partnership però soltanto con un gestore di telefonia mobile francese (Orange). Non posso fare il test non essendo abbonato Orange, ma immagino che siano disponibili in questo caso gli album degli artisti citati prima come assenti. Sempre per il download su telefonino allo scopo di utilizzarlo come lettore MP3.


Per il materiale gratuito pare di capire che il finanziamento, a parte le percentuali per i download generati con iTunes e Amazon, provenga in maggioranza dalle case discografiche stesse, che usano questo portale, "acquistando" i suoi visitatori (l'audience), che il portale  punta ad allargare anche attraverso servizi di "community" (vedi sopra), per promozionare su un canale alternativo (e sicuramente economico) novità o artisti da lanciare o consolidare. Un po' come fanno già su YouTube con i vari canali delle stesse case discografiche o il canale Vevo per i videoclip.
Insomma un recupero dei vecchi sistemi per vendere la musica (farla sentire in qualche modo).